ISAIA 7, 10-14; S.PAOLO AGLI EBREI 10, 4-10; VANGELO Lc 1, 26b-38
La celebrazione dell’Annunciazione ha origine nei primi secoli del cristianesimo e si caratterizza per un elemento dogmatico fondamentale: il concepimento verginale di Maria. Sin dai primi secoli, infatti, la Chiesa professava l’Incarnazione di Dio attraverso il concepimento di una vergine. Con il Concilio di Nicea del 325 e il Concilio di Costantinopoli si stabilì il Credo con il quale ancora oggi proclamiamo che il Figlio di Dio “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli e si incarnò da Spirito Santo e Maria Vergine e si fece uomo”.
La celebrazione della solennità liturgica si diffuse all’epoca di Giustiniano, nel VI secolo, e venne introdotta nella Chiesa romana da papa Sergio I alla fine del VII secolo con una solenne processione alla basilica di Santa Maria Maggiore, nella quale i mosaici dell’arco trionfale sono dedicati alla divina maternità di Maria, proclamata Theotokos, cioè Madre di Dio, dal Concilio di Efeso (431). Ogni riferimento alla Vergine Maria non può mai prescindere dal riferimento diretto al figlio Gesù. Nei secoli successivi la festa sarà introdotta anche in Occidente, a volte in riferimento al Signore, altre volte a Maria, almeno finché il Concilio Vaticano II non chiarirà le cose. Paolo VI, infatti, nell’Esortazione apostolica Marialis cultus del 1974, nel fissare la denominazione “Annunciazione del Signore”, precisa che si tratta di festa congiunta di Cristo e della Vergine. Siamo al centro della storia della salvezza, all’inizio del disegno divino e cioè la sua incarnazione che renderà nuove tutte le cose. Questo è il significato di una festa che in un solo colpo supera e rinnova l’intero Antico Testamento, in esso di fatto anticipata in alcuni punti, ad esempio nella Genesi quando si parla della donna che schiaccerà la testa al serpente o nell’annuncio dell’Emmanuele in Isaia. Nel racconto evangelico il saluto dell’angelo chiarisce a Maria che Dio con la sua protezione è presente nella sua vita; quindi le annuncia una maternità che renderà visibile l’invisibilità di Dio; poi Maria chiede chiarimenti per rendere più personale e volontario il suo sì, che rappresenta il totale abbandono della creatura al suo Dio. Prima di congedarsi, infine, la rivelazione dell’angelo sulla gravidanza di Elisabetta non è altro che un segno di autenticità di quanto avvenuto, in quanto “nulla è impossibile a Dio”.