Cari amici, continuiamo la nostra lectio sui Vangeli del mercoledì. Leggiamo insieme.
In quel tempo. Uscito dalla sinagoga, il Signore Gesù entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva. Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo. (Lc 4, 38-41)
Il breve racconto della guarigione della suocera di Pietro si conclude con un insegnamento importante: “Levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli”. Qui troviamo il significato di tutto il miracolo e di tutti i miracoli. Il fatto che essa si metta al servizio degli altri indica una guarigione molto più profonda di quella dalla semplice febbre del corpo. Ella è liberata da quella febbre che le impedisce di servire e la costringe a servirsi degli altri per essere servita. ” Servire” è una parola carica di significati nel Nuovo Testamento. Gesù è il Servo di Dio e dei fratelli, il Giusto che per amore si fa carico del peso della debolezza altrui. Il servirsi degli altri è il principio di ogni schiavitù nel male, il servire gli altri è il principio di ogni liberazione dal male. E’ nel servire che l’uomo diventa se stesso e rivela la vera identità di Dio di cui è immagine e somiglianza.
Con la parola “servire” il Nuovo Testamento intende l’amore fraterno concreto “non a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità”. Alle tante domande “Chi conta veramente nella Chiesa?; con quali occhi dobbiamo leggere la storia della Chiesa?; chi dobbiamo guardare per imparare dal vivo il vangelo?; … la risposta è una sola: A quelle persone “insignificanti” per il mondo, ma tanto significative per i credenti, che servono con umiltà e nel nascondimento. Essi ed esse sono la presenza viva e costante del Signore in mezzo a noi, essi ed esse sono i nostri maestri di vita cristiana. Nei vv.40-41 Gesù ci insegna come dobbiamo accostarci ai malati. Prima di tutto per Gesù il malato non è un numero:” egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva”, inoltre Gesù si occupa del malato, non del male. Il malato non è un caso clinico o un oggetto di studio: è una persona. Il popolo comincia a seguire Gesù, ma Gesù si sottrae da loro perché la volontà del Padre, che egli ha compreso a pieno di buon mattino nel luogo deserto dove aveva conversato filialmente col Padre suo, lo vuole altrove. Questa volontà del Padre è presentata con le parole:” Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”. Il regno di Dio è esattamente il contrario del regno dell’uomo. Nei vv.40-41 Luca ci offre un primo sommario di opere miracolose. Nella storia della salvezza Dio si è sempre rivelato con parole e azioni, e Gesù ora fa lo stesso. Un lungo discorso aveva aperto il suo ministero a Nazaret, una lunga serie di guarigioni conclude ora a Cafarnao la sua attività missionaria. Per la prima volta Gesù si incontra con una folla numerosa di malati, venuti o trasportati da ogni luogo.
I vangeli presentano più spesso Gesù attorniato da folle bisognose di guarigione che desiderose di ascoltare la parola di Dio. In questa circostanza appare come un medico premuroso che si prende cura di ciascuno e impone le sue mani ad uno ad uno dei malati e li guarisce. I miracoli biblici sono stati visti spesso più come una manifestazione della potenza di Dio che come momenti della salvezza dell’uomo. Essi, invece, sono come delle piccole luci che Dio accende sul cammino dell’uomo per dimostrargli che fa storia con lui, che non l’abbandona a se stesso o in balia del male, ma che l’assiste sempre con la sua paterna presenza. Il miracolo ha pure un significato di protesta contro il male e di annuncio di salvezza presente e futura.
Gesù ha bisogno di solitudine e di raccoglimento. Deve incontrarsi con il Padre per comprendere le scelte da fare e il cammino da percorrere. L’inseguimento della folla è ben spiegabile, dopo i successi e i prodigi del giorno prima. Forse qui c’è anche un richiamo polemico ai suoi concittadini di Nazareth: qui a Cafarnao è trattenuto perché non parta, lì era stato cacciato con ira e con violenza, rischiando persino di essere spinto nel burrone. Gli uomini vogliono trattenerlo, ma la sua partenza è fuori discussione perché non dipende dalla sua volontà. Il suo cammino ha ben altre motivazioni e non può essere arrestato né dai nemici né tanto meno dagli amici. Nemmeno da lui stesso. L’incontro con il Padre suo, nel luogo deserto, gli ha rivelato con certezza la volontà di Dio:” Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”. Il cammino che Gesù è chiamato ad intraprendere fin dal suo battesimo è quello del figlio obbediente e non del signore. Per Gesù “evangelizzare il regno di Dio” sintetizza tutta la sua missione.